“Arrivati a quota 3000 circa, la mulattiera finisce e si prosegue su una traccia ripida e instabile a passo di lumaca. La crisi ora è totale, per la prima volta mi appare nella mente la parola “RITIRO”, cerco di scacciarla con tutte le mie forze mentre proseguo lentamente a testa bassa”…. Anche questo è Il Tor des Géants ( giro dei giganti in patois ): 330 km di lunghezza , 23.500 metri di dislivello e solo 150 ore a disposizione per tagliare il traguardo. Una gara, o forse una follia, che va dal Monte Bianco al Rosa, dal Cervino al Gran Paradiso…. Un’esperienza a cui “sopravvivere” e da vivere fino in fondo…per chi ce la fa… come Paolo, uno qualunque,che ha compiuto il suo miracolo personale.
Andar per Tor di Paolo Novellini
Ok ci siamo, Courmayeur, 11 settembre ore 9, tra poco si parte. Mesi e mesi di allenamenti per essere qui, alla partenza del Tor des Geants. Cerco di allentare la tensione, parlando con moglie e nipote ma non c’è niente da fare, i dubbi e le incertezze su quello che sarà in questi 7 giorni hanno occupato tutti i miei pensieri… E rivedi il grande Luigi Ploner, che il Tor lo ha già finito l’anno scorso, vedi i top runner e soprattutto osservi gli altri concorrenti, la loro attrezzatura, il loro abbigliamento, in cerca di conferme …..“Speriamo di aver preparato la zaino con la giusta attrezzatura”, pensi. Saluti i miei “assistenti”, faccio una foto ed entro nel recinto di partenza, controllo braccialetto e poi mi metto in un angolo, solo, a cercare di immaginarmi quello che sarà il mio Tor. Tempo scaduto, sono le 10 la musica sale e lo speaker da il via alla gara, “Via”…in fondo al gruppo con i + lenti, perché si deve evitare di farsi prendere dall’euforia ma qui corrono tutti e, in mezzo a tutta questa gente, anche te devi correre c’è poco da fare, ti fai trascinare dalla situazione… In discesa fino al ponte sulla Dora, “Basta correre ora, iniziamo a fare quello che è stato programmato, salite di passo veloce, mai di corsa”. Arrivo all’inizio del sentiero per il Col d’Arp e dietro a me non c’è quasi nessuno, bene così, la salita è stretta e posso farla serenamente senza gente dietro che ha fretta di sorpassarmi. Esco dal bosco e fa impressione vedere il serpentone di concorrenti davanti a me, una linea colorata che porta fino al D’Arp. Tre ore di gara e sono al colle, sono andato piano, ma mi sento molto bene e questo basta. Il panorama sul gruppo del Rutor è eccezionale; foto, breve spuntino e giù di corsa in mezzo ai prati del Vallone di Youlaz, breve ristoro al Mayen e poi via in direzione di La Thuile, lì ci sono i miei che mi aspettano… Un’ora di corsa e vedo l’Elisa con la sua inseparabile macchina fotografica, poco + avanti, c’è l’Ilenia con la videocamera, ragazzi mi sembra di essere un “top runner”. Mi rifocillo al ristoro, l’Ilenia è già pronta per fare il cambio di alcuni vestiti nello zaino, perché ora fa caldo ma per il pomeriggio-sera è prevista pioggia abbondante e, da qui a Valgrisanche non c’è possibilità di assistenza. Telefonata rituale alla mamma a casa (Si, tranquilla, sono prudente), l’Ilenia mi chiede se tutto è ok, “Tutto perfetto” rispondo “O almeno spero…”. Un tratto di asfalto porta a La Joux e poi, inizia il sentiero per il rif. Deffeyes. La salita la conosco quasi a memoria, tante sono le volte che l’ho percorsa, salgo regolare, senza fretta, le gambe girano e il morale è alto….Nel cielo iniziano a addensarsi le nubi, “Speriamo di arrivare al Col de La Crosatie prima di buio e prima che piova…” Poco sotto al rifugio incontro Franco Zomer, mio concittadino e ottimo ultramaratoneta, arriviamo insieme al rifugio. Ho una fame che mangerei anche i tavoli, ma il tempo peggiora sempre + rapidamente, decidiamo di proseguire insieme, almeno fino al Passo Alto. Un’oretta di marcia e arriviamo in cima, foto di rito e giù dapprima nella pietraia e poi su un sentierino molto corribile tra gli alberi. Arrivo al Biv. Promuod, sono un po’ in ritardo, ma decido di rimanere vestito leggero senza abiti antipioggia….., scelta “ovviamente” sbagliata perché dopo 10 minuti mi ritrovo in mezzo ad un acquazzone e, prima che riesca a cambiarmi; sono già bello bagnato!!!. Non appena ho finito di vestirmi, smette di piovere…”Va bene lo stesso, rimango vestito così”, riprendo la marcia lungo il sentiero dagli infiniti tornanti fino al tratto tra le rocce che si trova sotto il Col de la Crosatie. Qui si scatena l’Apocalisse: vento, acqua ghiacciata, tuoni e fulmini; sono 20 minuti di ascesa “terribile” conditi dal fatto che oramai è arrivato il buio. Accendo la frontale e raggiungo il Colle…… cinque minuti per riordinare le idee e poi… “Forza Paolo, ora è tutta discesa fino a Planaval”, in lontananza si vedono i fulmini illuminare la notte ma qui sembra che le cose volgano al meglio. Poco dopo l’inizio della discesa incontro un gruppetto e rimango aggregato a loro fino al Lac du Fond, poi aumento il passo e alle 22 arrivo al ristoro di Planaval, qui ci sono i miei tre “angeli custodi”…..la loro vista e le loro parole sono + ristoratrici di qualsiasi altra cosa… l’Ilenia mi aiuta a togliere i vestiti bagnati, l’Elisa continua la sua opera di fotografa personale e Christian mi da qualche notizia su come sta andando la corsa…“ Tanto poi ci vediamo a Valgrisa” mi dice… La temperatura è gradevole e le sensazioni sono positive, quasi non mi accorgo di essere arrivato alla base vita di Valgrisanche se non che, puntuale, mi arriva il flash della macchina fotografica dell’Elisa. “Sono quasi le 23, ora un bel piatto di pasta e una bella dormita, ripartenza prevista domattina alle 5”.
Dopo una notte insonne, alle 4 decido di alzarmi e ripartire. Fuori pioviggina appena ma il meteo per oggi dice sole e quindi mi vesto leggero. Colazione abbondante e via, sono le 4,50, oggi è la giornata dei colli sopra 3000 metri quindi la prudenza è d’obbligo…. Sono quasi ultimo ma c’è tempo per recuperare, il tragitto fino al Rifugio Epèe e una lunga camminata solitaria nel buio…Fin dalle prime rampe mi accorgo che le gambe non girano…. … “Ora un bel caffè e poi vedremo il da farsi…” Lasciato il rifugio alle prime luci dell’alba proseguo nel vallone fino a raggiungere il Col Finestra, ma le sensazioni sono comunque negative. Una lunghissima discesa nel vallone di Torrent, una telefonata all’Ilenia per ricevere un po’ di conforto e prima delle 9 sono a Rhemes. Minestrina in brodo, due chiacchiere con tre spagnoli (“anche in spagnolo parlo”) e la sensazione che oggi sarà una giornata terribile… La salita verso il Col d’Entrelor è un lunghissimo calvario, ma sono in buona compagnia, sono però riuscito a “salvare la gamba”. Da quassù ci sono più di 10 km di discesa e la voglia di correre è tanta, ma decido di continuare a passo di marcia perché il peggio deve ancora venire. Durante la discesa guardo dalla parte opposta il vallone di Levionaz per cercare d’individuare il Col Lauson (3299mt.!!!), la madre di tutte le salite. Arrivo a Eaux Rousses alle 13.30, l’Ilenia mi aiuta nel cambio di alcuni vestiti nello zaino, mi riempie le borracce e mi sprona a tenere duro… “Ci siamo”, la palina segnavia indica “Col Lauson – 3299mt. – 4ore30min” inizia l’ascesa. Fin da subito inizio a sentire il peso della notte insonne appena trascorsa, le gambe sono pesanti e sento di addormentarmi mentre cammino, arrivato al casotto di Levionaz decido che l’unico rimedio per darmi una scossa è quello di infilare la testa nella fontana e così faccio….. A parte lo shock termico iniziale direi che il risultato è + che accettabile. Breve spuntino e poi un tratto pianeggiante mi porta ai piedi dell’erta finale. Il sentiero non ha mai pendenze terribili ma è di una lunghezza impressionante. Arrivati a quota 3000 circa, la mulattiera finisce e si prosegue su una traccia ripida e instabile a passo di lumaca. La crisi ora è totale, ogni tre passi devo fare una sosta, per la prima volta mi appare nella mente la parola “RITIRO”, cerco di scacciarla con tutte le mie forze mentre proseguo lentamente a testa bassa. Ogni minuto è interminabile, guardo l’altimetro che dice 3290 metri, alzo le testa e……”Siiii, dai, ci siamo, siamo in vetta!!!” Di colpo le paure si dissolvono, e le forze ritornano, una scarica di adrenalina mi percorre tutto il corpo quando leggo la targhetta “Alta Via 1 – Col Lauson 3299mt.”.Ora è tutta discesa fino a Cogne, il sole inizia a calare, aumento il passo, voglio cercare di arrivare alla base vita prima di buio. Le gambe sono ritornate in perfetta efficienza e posso correre quasi tutta la discesa fino a Valnontey. Arrivo a Cogne alle 20.30 e l’unica cosa che voglio è mettermi a letto. Faccio un breve spuntino, scambio due chiacchiere con il mio “team” e poi subito “a nanna”. Alle 3 suona la sveglia, finalmente sono riuscito a riposarmi come volevo, mi vesto, preparo lo zaino e mi scaravento alla tenda mensa dove mi faccio una colazione “esagerata”: pasta, fette biscottate con marmellata, yogurt, succo di frutta e caffè. Alle 4.15 registro la mia uscita (382esimo su 407)….”Accipicchia qui vanno tutti come dei missili!!!”-
La temperatura è fresca e gradevole, la luce della frontale illumina la strada che porta a Valnontey e le sensazioni sono finalmente “ottime”, inizia la salita e le gambe girano bene, in 3 ore sono al rifugio Sogno di Berdze. Qui mangio una crema di Cogne fantastica e riparto subito in direzione Finestra di Champorcher che raggiungo assai velocemente. La discesa verso il Miserin è accompagnata dal tiepido sole; giunto al lago decido di non fermarmi al ristoro e di proseguire spedito verso Dondenaz. Sempre di buon passo raggiungo Dondenaz, qui breve ristoro e via, di corsa in direzione Chardonney dove mi aspettano i miei “indispensabili” assistenti. Arrivato al ristoro faccio un pasto abbastanza sostanzioso, riempio le borracce e riparto deciso…”Voglio sfruttare questo momento di grazia per fare più strada possibile”. Il tracciato è veramente spettacolare e mai duro così che prima di mezzogiorno sono a Pontboset. Ora mi aspetta un tratto di percorso insidioso e soprattutto a me sconosciuto…. Le gole del Ratus sono qualcosa di sensazionale e le soste per fare una foto si sprecano, anche per riuscire a recuperare dai durissimi strappi in salita che caratterizzano la prima parte. Dall’alpe Roncs il tracciato diventa facile e divertente e, in buona parte, corribile. L’ombra dei castagneti allevia un po’ il disagio dovuto alle temperature insolitamente “estive”. Esco dal bosco e m’infilo nella strada asfaltata verso il fondovalle, obbligatoria la sosta per fare una foto al Forte di Bard e poi il percorso attraversa Hone, Bard (spettacolare) e poi, attraverso l’arco romano arriva nell’abitato Donnas, dov’è la base vita, sono le 14.30. “Ma che caldo che fa!!!” Mi rendo conto che non è facile riposare allora Christian mi dice “Perché non fai un riposino di un’oretta e poi vai su a dormire al Coda”. “Buona idea” le forze ci sono e così, forse, riesco ad essere a Gressoney nel primo pomeriggio di domani. Quindi un bel piatto di pasta, breve riposino e poi alle 16.15 lascio la base vita. Appuntamento con i miei “assistenti” a Perloz. La salita tra i vigneti è di quelle toste, anche perché il caldo è opprimente….Lasciate le vigne si entra nel castagneto, ma le pendenze non accennano a diminuire, un’ora di salita dura e finalmente sono in vista del campanile del Santuario di N.D. de la Garde. “Dai che da qui a Perloz è tutta discesa…) invece l’Alta Via 1 svolta a sinistra “Ancora salita!?!?”. Sono dieci minuti di scalini ripidi che ti tagliano le gambe ma anche questi passano abbastanza velocemente, ripida discesa e poi l’ingresso a Perloz. Qui ci sono bambini in strada che ti corrono incontro e le persone sopra i balconi che ti incitano agitando i campanacci; sembra di entrare in uno stadio tanto è il rumore ma la sensazione è stupenda, esaltante. Immancabili mi appaiono la “nipote paparazzo” e la “moglie tuttofare”, ormai sono necessarie come l’acqua. “Spero di arrivare su al Coda prima di mezzanotte, se il fisico regge”, saluto e ci diamo appuntamento per il mattino successivo a Niel. Lascio Perloz e mi butto giù in picchiata sulla ripida mulattiera fino al fondovalle dove c’è lo straordinario Ponte di Moretta. Da qui al Coda c’è solo salita. La prima parte scorre abbastanza velocemente fino all’abitato di Lasas e da qui parte una scalinata “terribile” che mi “sbriciola” le gambe….. Incontro altri concorrenti in gran difficoltà ma qui è impossibile non soffrire, il ristoro di Sassa mi appare come un miraggio. Mi siedo cerco di alimentarmi ma sento che la stanchezza si è fatta avanti e iniziano ad insinuarsi nella mie mente “cattivi pensieri”, l’unico rimedio è telefonare a mia moglie, e stavolta lei trova forse l’unico argomento che mi può risollevare: “Non puoi mollare, devi finirlo questo Tor perché lo devi raccontare al tuo bambino che sta arrivando”. Ho trattenuto a stento le lacrime, mi sono alzato dalla panchina e sono ripartito deciso, anche se molto stanco. Intanto la notte è già scesa e l’unico nitido ricordo che mi rimane è la luce della frontale che punta a terra, arrivo al Coda stremato, non so che ore sono e non so quanto tempo ho impiegato, l’unica cosa che voglio è mettermi un paio d’ore a dormire poi si vedrà il da farsi…. Una voce chiama il mio numero “439 è ora di alzarsi, tempo scaduto”, sono quasi le 2.00. Mi sembra di aver dormito 10 ore, mi vesto un po’ + pesante, scendo giù a mangiare un piatto di pasta, bevo una birra e riparto, i cattivi pensieri sono rimasti impigliati nelle due ore di sonno. Riparto tranquillo nella notte, lungo il percorso scambio due chiacchiere con altri concorrenti incontrati durante il percorso, in breve arrivo al Lago Vargno, anche qui un altro po’ di sonno, breve spuntino e di nuovo in marcia; raggiungo velocemente il Colle Marmontana, discesa al Lago Chiaro con un ristoro a base di pane e marmellata da 10 e lode. Il colle successivo è la Crenna dou Leui, una stretta finestrella da cui si gode un panorama straordinario sul Rosa. Un tratto a saliscendi assai faticoso mi porta al Colle della Vecchia; altre due ore e sono a Niel. Le vesciche ai piedi si sono fatte insopportabili così opto per una medicazione, i volontari del soccorso sono gentilissimi e in 20 minuti mi rimettono in sesto. Affronto il Col Lazoney con prudenza, i piedi sono tornati quasi nuovi quindi giù di corsa, un piatto di cappelletti al brodo al ristoro del Loo e poi la discesa tritaginocchia fino al fondovalle del Lys. Arrivo sulla strada asfaltata, riprendo la corsa e in 15 minuti arrivo alla base vita di Gressoney. Sono già 200km fatti, meglio non pensarci. Un breve spuntino e poi a letto per un paio d’ore. Sveglia alle 18, cena abbondante e poi si parte, sono passate le 19 e inizia a farsi buio. Percorro la strada di fondovalle in totale solitudine e così proseguo fino al Rifugio Alpenzù. Un thè caldo e poi inizio l’ascesa al Colle Pinter, una salita che mi piace particolarmente, infatti arrivo su assai veloce e altrettanto velocemente raggiungo il Rif. Vieux Crest. Un’oretta di riposo e poi riprendo la mia marcia notturna, la risalita verso il Rif. Ferraro e poi la discesa, abbastanza impegnativa verso Saint Jacques. Sono le 2, qui incontro Nicola che sarà il mio compagno d’avventura fino al traguardo. La salita verso il rifugio Grand Tournalin è illuminata dalla luna piena che illumina in maniera spettacolare i ghiacciai del Rosa. Al Rifugio dopo quattro porzioni di macedonia decido che è meglio ripartire, velocemente arrivo al Col di Nannaz e poi oltrepasso il Col des Fontaines. La discesa verso fondovalle è accompagnata dall’alba sul Cervino, un paesaggio da cartolina, purtroppo le vesciche sono tornate a farsi sentire e il tragitto fino a Valtournenche diventa un lungo calvario. In qualche maniera raggiungo la base vita; sono le 9 e, dopo tre giorni, riesco a trovare il tempo per farmi una doccia. Dopo la doccia è il momento di farsi medicare i piedi e qui la cosa è assai lunga ma, alla fine, ritorno ad avere due piedi funzionanti (anche qui tutto un grazie immenso ai sanitari che mi hanno sistemato). Come al solito ho una fame da leone e quindi via con pasta, affettati, insalata, pane, dolce e caffè. Un breve pisolino e dopo mezzogiorno si riparte. Le gambe sono ok e, in un batter d’occhio ( si fa per dire…) arrivo al Rifugio Barmasse, vicino al Lago di Cignana. Breve spuntino e di nuovo in marcia, mi sento veramente bene e poi questa tappa mi piace, tutti questi colli in rapida successione e una serie di panorami mozzafiato mi accompagnano fino al Bivacco Reboulaz ai piedi della Becca Luseney. Qui ci facciamo uno “strepitoso” piatto di pasta e ripartiamo in direzione Cuney, in breve siamo al Col Terray e poi c’infiliamo in uno stretto e un po’ pericoloso sentiero esposto, in un’oretta siamo al Rifugio Cuney. Decido che è ora di fare un riposino per poter affrontare gli ultimi due colli al meglio. Un’ora di sonno e poi si riparte, le tenebre iniziano a calare ma il morale è alto e oramai ho preso abbastanza confidenza con la marcia in notturna. Il cielo stellato mi accompagna lungo i saliscendi che portano al Col Vessonaz. Dal colle è una lunga picchiata in discesa fino a Closè dove mi aspettano moglie e nipote, neppure i manzi che si sono mangiati le bandierine catarifrangenti riescono a demoralizzarmi, sono in un momento assai positivo e cerco di sfruttarlo finché dura. Arrivo ad Oyace e l’immancabile flash della macchina di Elisa mi annuncia la presenza dei miei angeli custodi. Ora ci vuole una bella mangiata perché il Col Brison è di quelli tosti ed è meglio evitare sorprese. Riparto dopo mezzanotte e Ilenia mi dice che non va a dormire ma preferisce aspettarmi ad Ollomont ….. io oramai non ho più parole per descrivere quanto mia moglie si sia sacrificata per starmi sempre vicina…riparto con una spinta in più e, nel frattempo ci uniamo ad altri quattro concorrenti con i quali raggiungiamo di buon passo il ristoro di Brison l’Arp. Da qui si vede già la luce sul colle e quindi “avanti tutta” anche se le gambe iniziano ad essere un po’ meno efficienti… Anche sul colle troviamo un volontario che ci incita (li abbiamo trovati nei posti + inpensabili…) e ci dice che ora è tutta discesa fino alla Base Vita, il fatto è che quando le gambe iniziano a mollare non è che la discesa sia meglio della salita….. Alle 5.50 arriviamo a Ollomont dove Ilenia ed Elisa sono in attesa, un po’ infreddolite…. “Forza che domani è l’ultima tappa” mi dico e quasi mi sembra strano che quest’avventura sia alla fine. Ho una fame da lupo e mi mangio di tutto: pasta, pane e prosciutto, pane e marmellata, frutta….. Dopo questa abbuffata io e Nicola prepariamo il materiale per ripartire e decidiamo: “Sveglia alle 9, breve colazione e poi si riparte” Così facciamo, il sole è già alto e la salita scorre abbastanza bene, ma stamani Nicola è veramente un “fulmine”, decido di tenere la mia andatura tanto so che mi aspetterà più avanti…. Infatti, all’uscita del bosco è lì sereno e tranquillo come se non avesse neppure fatto la salita… Ripartiamo assieme lungo la sterrata fino al rifugio Letey, ovvio il ristoro e poi la rampa dura che riporta al Col Champillon. Da qui si vede, lontanissima, l’ultima salita e, per la prima volta si fa largo in me la sensazione di avercela fatta…….. Una lunga discesa assolata ci porta fino all’Alpe Ponteilles dove raggiungiamo il “top” dei ristori: polenta, prosciutto e fontina (non proprio un ristoro da “atleti seri”). Il problema è che, percorsi pochi km dopo, inizia a prendermi una certa sonnolenza post-abbuffata. Meno male che Nicola ogni tanto mi sveglia, ma non credevo davvero si riuscisse a camminare e dormire contemporaneamente. Percorriamo una bellissima sterrata che, a parte una breve divagazione per un mio errore, ci porta fino a Saint Rhemy. La sonnolenza non accenna a diminuire allora scelgo la “terapia d’urto e infilo la testa dentro un fontanile di acqua fredda…. A Saint Rhemy incontriamo le rispettive mogli per gli ultimi incitamenti; il cartello al ristoro riporta “304,8 km”fatti…..”Dobbiamo sbrigarci a ripartire perché vorrei cercare di raggiungere il Col Malatrà prima che faccia buio” dico a Nicola e così facciamo, la sonnolenza è sparita e le energie sono ritornate. La bellezza del vallone di Malatrà aggiunge ancora adrenalina nelle nostre gambe e alle 19 siamo in cima al Col Malatrà. Mi fermo e ripenso a quanto fatto e le lacrime mi scendono giù senza poterle fermare, è una tempesta di emozioni che mi assale, difficile da descrivere…. Purtroppo nuvoloni minacciosi si avvicinano dalla catena del Monte Bianco, quindi fine della poesia….. Trovarsi nel bel mezzo di un temporale in queste zone non è che sia piacevole, mi metto l’antipioggia e poi giù di corsa, per fortuna il temporale si riduce ad una pioggerellina fine e quasi piacevole che mi accompagna per un breve tratto, Nicola è sparito un’altra volta, oggi è veramente in condizione “strepitosa”. Telefono a mia moglie e al mio amico Christian all’Hotel Tivet “Ragazzi penso di essere a Courmayeur verso mezzanotte”. Cala il buio ma oramai le luci del Rifugio Bonatti sono vicine, alle 20 sono davanti ad un bel piatto di minestrone caldo, “coccolato” dai gentilissimi gestori del Rifugio. Due chiacchiere con altri due concorrenti e poi riprendiamo il cammino perché abbiamo i nostri cari che ci aspettano. La temperatura è mite, quasi calda il sentiero con i suoi saliscendi ci porta fino al rifugio Bertone, ultimo punto di controllo. Mi devo fermare perché mi esce sangue dal naso, l’anno scorso mi ero dovuto ritirare per colpa di questo “inconveniente, ma stavolta non mi ferma più niente e nessuno….le luci di Courmayeur sono lì sotto ai miei piedi. Riparto spedito e prima della fine della discesa raggiungo il mio compagno d’avventura, siamo alla strada asfaltata e di lì a poco mi vedo venire in su due persone sono il mio amico Christian e Abele Blanc, trattengo a stento le lacrime, me le tengo tutte per l’arrivo…. E’ il momento della passerella finale, si corre fino a Courmayeur, nonostante sia mezzanotte c’è sempre gente sulla strada che ti applaude e ti incita, siamo alla piazza dove siamo partiti, “Ancora poco….” La gente aumenta, il cuore batte sempre più forte…”Ultima curva e il tappeto rosso…..eccolo là il traguardo!!!” …Mi sento leggero come una piuma, i dolori e la stanchezza si sono volatilizzati, laggiù vedo mia moglie che mi applaude…”ancora 50 metri”, il suono dei campanacci e gli applausi….”Siiiiiiii, è fatta!!!!” Mi sento quasi spaesato alla vista di tutte quelle persone che mi fanno i complimenti ma io voglio una persona sola…eccola li, mia moglie…l’abbraccio e, stavolta, finalmente, posso lasciarmi andare a quel pianto liberatorio “Ce l’ho fatta…Grazie”. Sono queste le uniche parole che riesco a dire a Ilenia. L’abbraccio con il mio compagno di viaggio Nicola e il saluto a tutte quelli che sono lì solo per me…..Questo è il mio del Tor des Geants, un racconto forse sgrammaticato ma è difficile riportare su un foglio le emozioni che provi in una settimana come questa……..
Il finale è un sincero e affettuoso ringraziamento a Ilenia, Elisa e Christian che mi hanno seguito per tutta la gara, Abele Blanc, maestro impareggiabile i cui consigli prima e durante la gara sono stati preziosi per superare alcuni momenti difficili, e sua moglie Paola che nel post gara ha saputo rimettere a posto i miei piedi distrutti dalle vesciche; Adele, Dorino;Agnese che hanno fatto il tifo per me, purtroppo non sono potuti essere “fisicamente all’arrivo ma di sicuro c’erano con il cuore e infine ai miei amici da casa che, su Facebook mi hanno seguito, incitato e hanno gioito per il buon esito di questa mia avventura…
Grazie di cuore a tutti voi, se ho finito il Tor, è anche per merito vostro…..
PAOLO NOVELLINI – Tempo finale 134 ore 17 minuti